A 40 anni dalla morte di Massimo Scaligero, Veroli, 25 gennaio 2020

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view post Posted on 25/1/2020, 22:37
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Volevo condividere un sentimento che è sorto in me, durante l’incontro avvenuto oggi a Veroli (città natale di M.S.).
Premessa:
È già qualche anno che ho progressivamente diminuito le attività spirituali consigliate da R.S.& M.S. fino ad abbandonarle del tutto, e vivere così una triste vita materialista. Quindi il sentimento che ho portato con me da Roma, era di profondo disincanto, con un principio di avversione nei confronti dei “maestri”.

Ad esempio l’altro ieri, durante la trasmissione radiofonica (Forma d’Onda), in cui era ospite Piero Cammerinesi, posi provocatoriamente la domanda: “si dice che un maestro è veramente bravo, quando l’allievo lo supera, tu Piero, sei a conoscenza di qualcuno che sia andato “oltre” Scaligero?”.

Arrivato a Veroli, mi si presenta davanti agli occhi, un paesaggio meraviglioso, nonostante la cupa giornata invernale di pioggia e nebbia. La collina su cui si erge la cittadina, i palazzi a strapiombo e i riferimenti templari che sono presenti nella toponomastica, mi riportano ad un tempo passato, nonostante la relativa vicinanza da Roma. C’è assoluta tranquillità, l’occhio spazia sulle valli circostanti, fino ai monti simbruini.

Alle 15:00 inizia il convegno. Alcuni relatori sono conosciuti, i loro discorsi, pieni di devozione, mi riempiono di un sentimento di gioia che mi contagia. Li invidio. Io non riesco più a trovare in me, quell’entusiasmo nei confronti dell’Opera, che bruciava in me all’inizio del percorso. E me ne accorgo, specialmente quando parla il ragazzo di Cosenza.

Un alone di tristezza, ripiomba su di me, ma non riesco a formulare bene le motivazioni. Poi nel percorso di ritorno, confrontandomi con il mio amico, ritrovo il punto in cui il mio cammino si è schiantato davanti ad un muro: “Ma il giovane, udita questa parola, se ne andò rattristato, perché aveva molti beni.” Mt 19:22.

E ho ipotizzato una possibile motivazione sul perché, in questa generazione, ben pochi hanno seguito l’esempio del maestro. E non saprei capire quanti di noi, si sono trovati in positivo, rispetto ai 3 quesiti posti da Piero Cammerinesi.

Quello che non è particolarmente uscito dal convegno, e che secondo me necessitava di una evidenziazione più significativa, è il carattere di eroicità assoluta dell’essere cristiano. Forse è stato detto tra le righe, che Massimo era un “santo”, nel senso originario del termine, ovvero un “separato” dal mondo, ma inserito nel mondo. La sua abnegazione nei confronti dell’opera, la rinuncia alla carriera, ai soldi, ai viaggi, alle vacanze, al sesso. Un sacrificio totale dell’ego, un sacrificio paragonabile a quello di Cristo, ma più diluito nel tempo. Un sacrificio che è alla base del cristianesimo, e che a volte, in questo nuovo cristianesimo “esoterico”, sembra dileguarsi e non essere così centrale, come gli esercizi, lo studio, l’impegno.

Io avevo iniziato questo percorso, ma dopo un certo tempo, mi si palesò il fine ultimo di tutti quegli esercizi: l’amore per il mio prossimo. Amore che non avevo sviluppato. Così dopo anni, mi sono ritrovato brutto, senza amore e senza sapore: “Voi siete il sale della terra; ma, se il sale diventa insipido, con che lo si salerà? Non è più buono a nulla se non a essere gettato via e calpestato dagli uomini.” Mt 5:13

Scoprire la tragedia di una vita: anni di esercizi, per bruciare quella falsa personalità (quella che ti nasconde, ma anche protegge, nella vita materiale), ma non aver conquistato quel sentimento d’amore senza il quale il mondo spirituale, non ci fa attraversare la soglia, è stato devastante.

Forse e dico forse, è questo il motivo per cui molti discepoli di Scaligero non hanno attraversato la soglia: una semplice mancanza di coraggio eroico, nel sacrificare carriera, soldi, viaggi, vacanze, sesso.

“In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.” Gv 12:24

Un saluto e grazie per il convegno.

Pierfrancesco
 
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