Come bambini., il ritmo pensare-volere apre a un nuovo sentire.

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view post Posted on 25/11/2013, 15:52
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Ricordo che anni fa, durante un convegno, mi colpì un pensiero di Pietro Archiati. Questo pensiero faceva riferimento alla differenza di direzione che si esplica tra il pensare e l'agire di un bambino e quello di un adulto.

Il bambino, diceva Archiati, agisce dapprima per imitazione di un adulto, un'azione esterna a determina il suo comportamento e lui la imita, poi forse quell'azione che fa gli piace, e qui siamo a livello di sentimento, e forse alla fine arriva a pensarla, ovvero a capirne il significato.

Quindi questa è la direzione in cui impara a conoscere il bambino:
3. Volere (esegue un'azione per imitazione esterna)
2. Setire (impara ad amare o odiare quella azione)
1. Pensare (capisce il significato di quell'azione)

Tale dinamica è ravvisabile anche nella successione con cui il bambino normalmente apprende: 3. Camminare (manifestazione della volontà), 2. Parlare (manifestazione del sentimento), 1. Pensare.

Nell'adulto, diceva Archiati, questa direzione si inverte, l'uomo adulto prima pensa qualcosa, poi interviene il sentire che fa si che quel concetto che aveva pensato acquisti una bellezza, un fuoco interiore, il calore necessario affinché quello si realizzi. Ed infine, tramite il volere, l'uomo agisce nel mondo affinché quel pensiero trovi compimento.

Quindi la direzione di manifestazione nella coscienza dell'adulto, si inverte:
1. Pensare
2. Sentire
3. Volere


Ieri sera stavo meditando sulla meditazione che Rudolf Steiner diede a Giovanni Colazza per il gruppo Novalis, conosciuta con il nome "Mantra della RosaCroce"
CITAZIONE

Nel segno della croce,
circondata di rose,

sentendolo,

vediamo il risveglio dello Spirito del mondo.

Si staccano dalle profondità dell'anima
le forze nascoste del mistero,
forze che agirono in principio,
forze che devono agire alla fine,

forze nelle quali noi

pensando siamo,
amando viviamo,
la devozione respiriamo.

Così ci fu una certa sorpresa, nell'accorgermi che Steiner, in questa meditazione, non utilizzava nessuna di quelle direzioni a cui ero abituato nei miei ricordi. Steiner introduce questa nuova direzione:
1. Pensare (pensando siamo)
3. Volere (amando viviamo)
2. Sentire (la devozione respiriamo)


Stavo con questo pensiero, quando iniziai a leggere il capitolo 2 di Manuale Pratico della Meditazione di Massimo Scaligero:
CITAZIONE
LA LIBERTA'.

La libertà a cui l'uomo aspira, dandole sensi diversi a seconda del grado della propria evoluzione, è in realtà e soltanto un evento del pensiero.
Colui che toglie la libertà ad altri, ha in sostanza il potere di dare corpo al proprio pensiero non libero: con tale pensiero agisce come se fosse libero, ideologicamente ed eticamente persuaso del proprio diritto.
La libertà è il pensiero che attua la sua reale natura, normalmente alterata nel processo dialettico. Il pensiero dialettico può essere libero solo sul piano dialettico, ma tale libertà spiritualmente è nulla. Il pensiero è libero quando ritrova la sua connessione con l'Io. Questa connessione non si dà mai realmente, perché il pensiero dialettico è riflesso, e nell'essere riflesso non ha congiunzione con l'Io, bensì con la sua proiezione psichica, l'Io razionale-senziente, l'ego, il riflesso dell'Io.

Per realizzare la sua vera natura, il pensiero deve sperimentare il proprio essere libero: è la più alta esperienza dell'anima. Il pensiero, infatti, normalmente si dà come mediatore di ogni conoscenza sensibile o estrasensibile, mai di se medesimo. Esso può percepire se stesso soltanto se, mediante la concentrazione, si isola, sia pure temporaneamente, dalla psiche, dagli istinti, dai sentimenti, dai contenuti sensibili, dalla propria espressione intellettuale e da ogni contenuto che non sia il proprio essere puro. In questo essere puro, attua la propria reale natura: diviene vivente, esprime come contenuto la sua essenziale forza: indipendente dal meccanicismo dell'intelligenza dialettica. Con tale contenuto può realmente incontrare il mondo sensibile, recandogli l'essere interiore di cui esso, nell'apparire, manca: simultaneamente può penetrare, come veicolo dell'essenza, nell'anima.


Volontà e libertà procedono di pari passo nella disciplina. La elevazione e la intensità creatrice del sentimento scaturiscono dall'accordo del pensiero con la volontà. L'educazione della volontà risponde alla liberazione del pensiero. La consonanza delle tre forze è la via della reintegrazione della Luce di Vita dell'anima, capace di modellare la corporeità fisica: il senso ultimo dell'esperienza terrestre dell'uomo.

Il problema della libertà riguarda solo il pensiero, in quanto questo smarrisce la propria reale natura, dipendendo dalla sfera delle sensazioni e della psiche, col dipendere dall'organo cerebrale, mediante cui tuttavia diviene cosciente al livello sensibile. Tale dipendenza è uno stato di alienazione del pensiero: dal quale nasce la dialettica, l'interpretazione logico-quantitativa del mondo e la serie delle ideologie che assumono la realtà riflessamente, fuori del fondamento.

La dipendenza del pensiero dall'organo cerebrale è contingente e provvisoria, servendo solo, in una determinata fase dell'evoluzione dell'uomo, a rendere indipendente il pensiero dall'antica autorità spirituale, perché esso gradualmente realizzi nell'intimo del proprio autonomo movimento tale autorità. E’ la dipendenza strumentale che ha dato luogo alla conoscenza quantitativa del reale, di là da quella qualitativa - rispondente alla sfera eterica, astrale e spirituale - si da isolare il mondo sensibile-quantitativo dal suo fondamento metafisico. L'errore dell'uomo moderno è assumere come normale l'alienazione del pensiero e considerare reale la visione quantitativa che ne risulta, mentre l'epoca dell'esperienza esclusiva della «quantità» è esaurita: avendo già dato al pensiero ciò che questo si aspettava da essa, la possibilità logica della libertà. Il male del presente pensiero è il suo mancare di coscienza di ciò che ha veramente voluto mediante l'esperienza della scienza e della tecnica.


Il pensiero, dipendendo dall'organo cerebrale, epperò dalla sfera sensibile, obbliga i sentimenti, gli impulsi volitivi e le aspirazioni dell'anima a risonare secondo la sua alienazione. La brama codificata, il culto dell'animalità, la negazione dello spirituale, gli istinti e le passioni correlativi, nascono dalla assolutizzazione di uno stato di deterioramento della funzione del pensiero: la reale alienazione dell'uomo.

Il tema della libertà riguarda appunto l'elemento interiore mediante cui l'anima si vincola all'organo cerebrale, per conseguire la conoscenza logica del sensibile. Il vincolo consiste nella irreversibilità della dimensione sensibile: irreversibilità illegittima, perché dovuta all'impotenza del pensiero a ripercorrere il proprio movimento, mentre appunto il suo reale compito è ripercorrerlo.


Il tema della libertà perciò riguarda esclusivamente il pensare: non il sentire, né il volere. Dalla non libertà del pensiero dipende l'alterata funzione del sentire e del volere, epperò la serie delle contraddizioni della vita psichica.

Dalla liberazione del pensiero dipende la liberazione dell'uomo: non v'è altra liberazione. Mediante la disciplina della concentrazione, il pensiero si libera dall'elemento sensibile, dal suo risonare animino e dal suo risonare eterico: si libera dal meccanismo delle strutture logiche, in quanto muove secondo la propria logica pura: diviene veicolo dell'Io nell'umano. L'uomo risorge dalla sua alienazione. L'azione del pensiero libero diviene liberatrice, quando, per consonanza con le Potenze cosmiche sorreggenti l'umano, giunge a operare sino al corpo eterico.

Sul corpo eterico il discepolo agisce mediante la volontà, cioè operando su esso mediante il pensiero liberato. L'azione diretta del pensiero liberato sul corpo eterico è soltanto stimolatrice: l'azione trasformatrice invece può essere operata soltanto dalle Potenze cosmico-trascendenti evocate dal rito del pensiero liberato: il pensiero della concentrazione, il meditare, l'idea pura, in realtà l'atto dell'Io: che fa appello a tali Potenze, anche se non ne suppone l'esistenza.

Giungere a operare ritualmente sul corpo eterico significa procedere verso il senso finale della liberazione, l'Iniziazione: superare la natura, i vincoli della razza, della famiglia, dell'ente animale collettivo: cominciare a tessere la vera relazione con gli esseri, secondo la realtà interiore: l'effettiva fraternità. La quale non può essere la correlazione stabilita sulla base della necessità psicofisiologica: la reale fraternità è di per sé sufficiente a risolvere anche i problemi inerenti a tale necessità.
La natura inferiore possiede l'uomo attraverso la memoria animale e istintiva del corpo eterico, che è, come nell'animale, associativa: l'associazione si sottrae alla luce dell'Io, funziona come automatismo, conseguendo normalmente l'assenso impotente dell'Io. L'associazione eterica sottratta all'Io, è la base delle malattie della psiche: fenomeno coltivato oggi dalle scienze analitiche della psiche, come dallo Spiritismo e dai facili sistemi yoga propagati nel mondo, con tecniche di concentrazione di tipo medianico.
La libertà, come restituzione della natura originaria del pensiero, è una liberazione della memoria superiore, o spirituale, dalla memoria inferiore, o animale, sedimento degli impulsi della specie, della famiglia, del sangue, ecc. La memoria inferiore normalmente domina l'uomo, facendo suo il pensiero e la sua capacità associativa. La memoria reale, invece, contiene il ricordo della sua storia sino a quella delle precedenti incarnazioni: tale memoria, nell'uomo alienato, è in stato di sonno: affiora depotenziata nella psiche come memoria istintiva, che si estrinseca mediante l'organo cerebrale: al cui livello si forma secondo il sistema del sapere razionale.

La memoria animale dell'uomo usa le forze della memoria spirituale, mediante la contingente dipendenza del pensiero dalla cerebralità. La Scienza dello Spirito mostra come il cervello dell'uomo sia l'organo che in epoche remote lo Spirito ha modellato per poter, mediante esso, agire come Io sulla natura fisica. Dapprima il pensiero si rende autonomo dall'antica natura metafisica, vincolandosi gradualmente allo strumento cerebrale: dalla necessità di determinarsi mediante questo, trae l'istanza alla libertà.


Ciò che è animale nell'uomo si fa valere attraverso la cerebralità: mediante l'organo per via del quale egli pensa. L'ascesi solare inverte tale processo: realizza l'indipendenza del pensiero dalla cerebralità e stabilisce con l'elemento istintivo un rapporto rettificatore: è un'azione reintegratrice, talora drammaticamente contrastata, mediante cui l'Io riconquista le proprie potenze primordiali legate alla fisicità.

Tale lotta si svolge nella coscienza, grazie a forze di pensiero via via liberate, epperò della memoria, in una zona, in cui la natura inferiore e la natura superiore s'incontrano. La memoria non è legata alla cerebralità: le sue forze, essenzialmente sovrasensibili, tuttavia, normalmente vengono usate da ciò che ascende nel mentale come corrente istintiva, mediante il pensiero alienato, ossia condizionato dalla cerebralità: verificandosi un'inversione della reale funzione della memoria, tendente a divenire costituzionale.

Che uno stimolo della memoria possa essere conseguito, secondo il dato di recenti esperimenti, mediante l'introduzione di un ago nel cervello, non significa che il cervello contenga la memoria, ma che è stato meccanicamente sollecitato il corpo eterico del cervello, così come viene sollecitato dalla percezione attraverso gli organi dei sensi. Mediante l'ago, la percezione dell'etere è diretta, ma estranea all'Io, in quanto provocata senza la mediazione degli organi di percezione: il cui contenuto, di solito, quando non sia presente l'Io, si congiunge per i canali cerebrali con la memoria senziente, suscitando un'associazione che dà luogo alla risposta istintiva (sino alla nota fenomenologia dei «riflessi condizionati»), in cui l'assenso dell'Io è passivo: l'Io non afferra il contenuto concreto della percezione, ma ciò che viene suggerito dalla memoria associativa: che è l'associazione dei ricordi sul piano astrale-eterico, secondo un meccanicismo proprio alla natura animale. In tal caso, la connessività del corpo eterico, pur essendo un processo estrasensibile, si sottrae all'Io, funziona come automatismo.

E' la via mediante la quale normalmente i ricordi disturbano l'uomo debole di pensiero, o lo invadono sino all'ossessione: il corpo senziente si sottrae all'Io, usando tuttavia la sua forza, che normalmente opera nella coscienza con potere centripeto. Tale potere centripeto, in sostanza viene rovesciato, epperò agisce contro il suo principio. Ogni droga, ogni allucinazione, ogni ebbrezza alcolica, ogni cedimento medianico, ogni facile yoga con concorso di enfatici mantra, propizia un potere di concentrazione automatico avverso all'Io, preparando guasti dell'anima e del corpo. A tale situazione il rimedio è anzitutto un rimedio volitivo-fisico: la rimozione delle cause e il ricorso a una terapia disintossicante. Ma la guarigione radicale è la capacità dell'Io di ristabilire il flusso della forza, mediante la retta concentrazione, ossia mediante l'uso legittimo della forza centripeta. Il cui senso finale è la liberazione del pensiero, mediante la quale soltanto l'Io può operare sull'animalità psicosomatica, ritrovando nel profondo Potenze di cui essa è la degradazione.

Il senso ultimo delle discipline è la libertà. Liberazione vera non è lo scatenamento di se stessi, che è sempre l'esplosione della natura fisica - con le sue codificazioni ideologiche - bensì l'incatenamento di se stessi. Costringere se stessi secondo un programma ferreo, quando sia un atto del pensiero libero, ossia libero di scopi umani epperò di brame, restituisce la luce originaria al corpo eterico.


Il pensiero è in sé libero, ma il corpo eterico legato alla natura animale non gli obbedisce: perciò il pensiero è normalmente privo di vita. Quanto più il corpo eterico viene costretto da una disciplina rigorosa a sottrarsi alla sua consonanza con la brama insita nelle funzioni della natura, tanto più esso diviene arto dello Spirito, strumento di liberazione. Costringersi, comandarsi, seguire la via più difficile, assumere positivamente la sopportazione di tutto ciò che è pesante e condizionante, è la via della liberazione: quanto più la natura animale viene portata a obbedire e a rispondere a un ritmo che la domina, tanto più ritorna potenza del Principio superiore dell'Io, epperò cooperatrice della reintegrazione dell'uomo.

Se si è bene inteso il senso di ciò che qui viene chiamata costrizione, come ascesi del corpo eterico, non sarà difficile comprendere che un tale costringere non è un forzare, o un coartare, ma un mediare interiore assolutamente libero, ossia un agire per via di rappresentazioni consapevoli sulla corrente della volontà, ponendole compiti a cui il corpo eterico, per abituale consonanza con la natura animale, tende a sfuggire.
Non v'è creazione o elevazione umana, che non esiga un lungo sacrificale sforzo di affrancamento dall'inerzia della natura psicofisiologica. In tale direzione è riconoscibile la missione del pensiero. In realtà, l'uomo cosciente strappa la virtù formativa del concetto alle forze più nobili del corpo eterico, facendo risonare nella sfera fisica, come struttura della conoscenza, il loro potere di sintesi metafisica.


Quindi la direzione di coscienza dell'adulto: Pensare-Sentire-Volere, non significa che dia maggiore libertà di quella del bambino (Volere-Sentire-Pensare), anzi poiché, come dice Scaligero, è proprio il pensare, dipendendo dal cervello fisico, il primo ad essere soggiogato dalla struttura psico-fisica attuale dell'uomo, possiamo dedurre che è proprio l'adulto ad essere meno libero del bambino. Forse a questo si riferiscono le famose parole di Gesù-Cristo sul ritornare bambini.

In quei passi del vangelo, Gesù-Cristo parla di un diventare come bambini, non di un rimanere bambini. Quindi dalla situazione adulta, attraverso la propria volontà, ci si dovrà sforzare nell'alternare momenti in cui invertire il processo senziente. Questi momenti, sempre più ritmati, iniziano ad influire nel corpo eterico dell'uomo e
CITAZIONE
Quanto più il corpo eterico viene costretto da una disciplina rigorosa a sottrarsi alla sua consonanza con la brama insita nelle funzioni della natura, tanto più esso diviene arto dello Spirito, strumento di liberazione.

Da questo ritmo: pensare --> volere, volere --> pensare (1° e 2° degli esercizi complementari), per assonanza risorge un nuovo sentire purificato dall'ingerenza psico-fisica, un nuovo sentire dono dello spirito, delle entità spirituali che amano l'uomo e il comprendere ciò fa si che ... la devozione respiriamo.

A questa dinamica finale mi sembra faccia riferimento anche il finale della Meditazione della Pietra di Fondazione. Questa meditazione inizia con la struttura:
3. Volere (Anima d’uomo! Tu vivi nelle membra ...)
2. Sentire (Anima d’uomo! Tu vivi nel battito di cuore e dei polmoni ...)
1. Pensare (Anima d’uomo! Tu vivi nel riposo del capo ...)
ovvero come la dinamica di conoscenza dei bambini. Steiner ci invita nel meditare, a invertire in nostro sistema di conoscenza di adulti. Poi però nella parte finale della meditazione
CITAZIONE
...
O Luce divina,
Sole di Cristo
Riscalda
I cuori nostri;
Illumina
I capi nostri;

In modo che il bene diventi,
Quello che
Noi fondiamo nei cuori nostri,
Quello che
Dai nostri capi
Vogliamo dirigere risolutamente.
...

potrebbe significare proprio che questo rinnovato sentire, rinnovato dal Cristo-Sole, dal centro fecondi sia il pensare sia il volere. E' il sentimento rinnovato che riscalda il cuore per dargli la forza di agire, ed è l'organo spirituale di conoscenza situato all'altezza del cuore, che illumina i pensieri, bypassando il cervello fisico (il pensare del cuore).

Ieri, nella festività di Cristo Re dell'Universo, la chiesa proponeva un vangelo che come ricordava padre Giovanni Vannucci in una sua omelia, può essere considerato il testamento spirituale di Gesù-Cristo al mondo:
CITAZIONE
L'ultimo testamento.
Sul Golgota Cristo è agonizzante sulla Croce: è la fine! Due delle sue ultime parole, riportate dall'evangelista Luca, esprimono l’ultima consegna che Cristo affida all'umana coscienza. La prima è l’invocazione: «Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno» (Lc 23, 34); l’altra è rivolta al ladrone pentito: «Oggi sarai con me in Paradiso!» (Lc 23, 43).

La prima indica una misericordia, una comprensione verso i limiti della natura umana, e vieta ogni giudizio, ogni condanna sulle opere dell’uomo, anche le più
mostruose; la seconda ci indica che mai dobbiamo disperare dell’uomo, ne di noi, ne di nessuno: le più incomprensibili strade possono condurre all’istante della suprema liberazione. Il ladro ha incontrato Cristo compiendo i suoi misfatti, come l’adultera ha ottenuto il perdono sbagliando nell’impostazione del suo amore.
Queste due parole, ultimo testamento di Cristo alla nuova umanità, rivelano le qualità essenziali, indispensabili del suo Regno che non è di questo mondo violento e vendicativo. Comprensione e rispetto per gli errori dell’ignoranza umana, sospensione di ogni forma di giudizio e di condanna per le esperienze dolorose del male che ogni figlio dell’uomo può compiere. Esse sono le due componenti specifiche del glorioso Regno di cui Gesù Cristo è il Re.
Cosa c’è infatti dietro le intransigenze moralistiche, la volontà di imporre agli uomini dei particolari canoni di bene e di male, se non la sete di potere, l’imperiosa passione di dominare gli altri, considerati come pecorelle prive di discernimento e di senso morale? La sete del potere, la volontà di imperare sugli altri, anche se giustificate con teorie di investitura divina, costruiscono il regno di questo mondo, non il regno extramondano di Gesù Cristo.
Se Gesù nel suo ultimo anelito chiede perdono per i suoi crocifissori, per il popolo ingrato da lui beneficato, per i sacerdoti che non seppero dire la parola di verità, per i dottori che non lasciavano entrare nel Tempio, per tutti gli infelici avvolti nella colpa suprema di uccidere l’innocenza, se introduce nel Paradiso il ladrone pentito senza chiedergli alcuna pena espiatoria, possiamo noi suoi fedeli promuovere il suo Regno con i tribunali, i giudizi inappellabili, gli autodafé, le inquisizioni, gli ostracismi, le condanne che spesso non tengono conto dei diritti di chi condanniamo? Possiamo aver ombra di rancore verso chi ci ha calpestato e spezzato il cuore? Se non perdoniamo, se conserviamo rancore, se ricordiamo ciò che ci è stato fatto, che senso ha la Redenzione che dobbiamo diffondere a tutte le creature?

Non è col difendere una particolare e contingente figura del regno di Cristo che possiamo annunciare la Buona Novella, ma col viverla nelle sue componenti di amore per tutte le creature, di compassione e di pietà per tutto ciò che esiste e vive. La posizione di difesa di una transitoria figura del regno di Dio ci rende combattivi, intransigenti, giudici e moralizzatori, e questo è il nostro male che ci incatena, ci lega, ci rende aridi e intolleranti. Le grandi energie di amore, di perdono, di pietà che sono scaturite dalle ultime parole di Cristo, rimangono sterili e infeconde finché rimaniamo chiusi nella nostra empietà
e durezza. Come Cristo si è consumato nell’amore, i sudditi del suo Regno non hanno altra missione che quella di consumarsi nel più generoso amore.
La celebrazione della festa di Cristo Re, che quest’anno cade dopo il vangelo della fine dei tempi (vedi meditazione precedente), ci presenta l’immagine del nuovo Re, mentre morente ci affida la misericordia e la pietà come eredità ultima ed essenziale e assume l’aspetto di un severo giudizio delle nostre opere come cittadini e costruttori del Regno extramondano.

Su Lui, il misericordioso, il pietoso, l’innocente, si riflettono la nostra violenza, i nostri insindacabili tribunali; i genocidi compiuti nel suo nome, i linciaggi morali vengono misurati e condannati.
Il giudizio di condanna potrà essere cambiato solo quando un immenso amore abiterà nelle nostre anime, un infinito desiderio di reciproca pietà ci renderà mansueti e misericordiosi, quando soffriremo della sofferenza di chi ebbe la sventura di bagnare le mani nel sangue e nelle lacrime. Allora nel mondo ci saranno la pace e la giustizia, allora le sparse membra del Corpo divino saranno unite in un unico essere vivente e respirante, allora il Regno extramondano della misericordia e della pietà apparirà sulla terra. Liberati da tutti i sogni di potenza, di dominio, di intransigenza nel giudicare, di trionfalismo, avremo un gran vuoto intorno a noi e in questo vuoto una strana pace, la pace di Dio, la pace del regno di Dio in mezzo agli uomini.
Il regno di Cristo non è di questo mondo, è vero, ma è compito dei cristiani di operare in maniera che il suo Regno possa avvenire. Regno che è spirito d’amore, di concordia, di reciproca remissione delle offese, di comprensione, di pietà. Davanti a Cristo che muore, immerso in una compassione e pietà immense, tutti abbiamo errato, tutti fummo colpevoli; perdoniamoci e perdoniamo, rivestiamoci della compassione di Cristo che nasce dalla conoscenza del dolore, dalla completa e assoluta comprensione verso tutto e verso tutti. L’amore del nostro Re divino sia nelle nostre anime come la rugiada notturna che ravviva i fiori, e ci guidi a diffondere i suoi doni di misericordia e di pietà, ci aiuti a riconoscerlo nei nostri fratelli, ad amarlo nei nostri fratelli, a essere orgogliosi di servirlo nei nostri fratelli, perché il suo Regno venga attuandosi nella nostra compassione e comprensione di uomini.

Solo un sentire rinnovato può far comprendere il perché, Cristo dice al ladrone, che quello sarà con Lui, quello stesso giorno, in paradiso.

Un abbraccio e buona settimana a tutti. Pierfrancesco

Edited by Pierfrancesco:-) - 25/11/2013, 23:17
 
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